Robiole e asini

” Come tutti gli anni – spiega Fabrizio – a partire dalla tarda primavera, cominciamo di nuovo con la produzione. Noi siamo un’azienda agricola che ci tiene alla stagionalità dei suoi prodotti, per cui noi teniamo i capretti sotto le mamme. Quando i capretti partono per altri lidi o vengono svezzati, noi iniziamo a fare il formaggio.

Iniziamo a mungere le capre che non hanno più i capretti o le caprette e poi, man mano che li togliamo dalle mamme, cominciamo a produrre il formaggio, iniziamo a portarli al pascolo, come prevede il disciplinare, e poi praticamente fino più o meno all’Immacolata, per circa nove mesi, siamo in produzione: gli animali vanno al pascolo tutti giorni, noi lavoriamo il latte, soltanto il nostro latte, tutti giorni, e ci dedichiamo in maniera completa alla nostra produzione quotidiana di Robiola di Roccaverano dop principalmente, ma anche gli altri formaggi sempre a latte crudo di capra, che sono la nostra produzione principale.

Poi abbiamo anche un piccolo frutteto con un centinaio di piante di meli e peri di varietà tradizionali piemontesi che vanno in produzione a partire da tarda estate fino a poi all’autunno inoltrato.

Inoltre abbiamo i nostri asini che alleviamo per addestrarli ed educarli al lavoro agricolo: noi alleviamo i puledri e, quando le persone che vogliono mettersi a lavorare a trazione animale sono interessate, noi glieli diamo già educati al lavoro agricolo che può essere sia lavoro di campo, frutteto, lavoro di esbosco, tutti lavori tipici della contadinità soprattutto nelle zone un po’ impervie come le nostre, per cui anche usare delle attrezzature meccaniche può essere rischioso, per chi non ha esperienza, ma anche molto oneroso per chi deve cominciare a lavorare da zero come abbiamo fatto noi.

Quindi un aiuto di un animale può essere molto utile dal punto di vista della modalità del lavoro, con dei tempi un po’ più lenti però sicuramente più in sicurezza, più rispettosi dell’ambiente, della terra, dei suoi ritmi.

Noi abbiamo sempre più o meno un centinaio di animali a seconda delle annate e poi abbiamo sempre più o meno 10-15% di capretti di rimonta cioè caprette che poi l’anno successivo vanno a sostituire una parte del gregge adulto e quindi non ci aggiriamo sui 110 – 120 capi di capre.

Noi non destagionalizziamo, lasciamo che la natura faccia il suo corso: a fine dell’estate quindi noi introduciamo i becchi dopo Ferragosto poi loro dopo circa un mese, un mese e mezzo vanno al maschio e quindi abbiamo i capretti che nascono a fine inverno. Così a partire da metà – fine gennaio fino ad andare avanti aprile-maggio, perché poi in realtà le ultime che vanno al maschio sono le primipare e possono anche andare molto tardi quindi tendenzialmente abbiamo dei parti per periodi molto lunghi.

La concentrazione dei parti avviene comunque tra metà gennaio e metà febbraio, poi dipende molto dalla luna che c’entra tantissimo, per esperienza personale, quindi diciamo che sì, abbiamo i capretti tutti insieme.

Per la nostra azienda il formaggio è la prima fonte di reddito, la nostra entrata più importante. Il resto è ancora abbastanza marginale però stiamo lavorando anche perché ci piacerebbe essere un po’ più polifunzionali, naturalmente un’attività come quella casearia è molto impegnativa, soprattutto quando mungi tutti giorni due volte, però diciamo che cerchiamo anche di differenziare con la frutta, gli altri animali e quindi cerchiamo di avere anche un’altra fonte di reddito.

Per quanto riguarda la frutta abbiamo iniziato l’anno scorso, è una roba recente, per ora ne facciamo poca, non abbiamo grosse produzioni concentrate.

Noi educhiamo gli asini sia al trasporto sia alla trazione quindi a tirare degli attrezzi eccetera, poi a seconda di quelle che sono necessità dell’azienda noi magari ci concentriamo più su un aspetto che l’altro però tendenzialmente l’addestramento è sia al trasporto tramite basto sia alla trazione, a tirare attrezzature agricole.
Per fare questo noi siamo l’antenna italiana di un’associazione francese molto importante che si chiama Prommata che vuol dire praticamente tecnologie per trazione animale con piccoli animali.

Tramite loro organizziamo giornate di formazione, facciamo la formazione, seguiamo le formazioni loro e addirittura abbiamo la possibilità di far vedere delle attrezzature che loro costruiscono e vendono in modo che le persone poi, oltre ad avere l’animale che è capace di fare lavoro hanno anche l’attrezzatura idonea, perché le attrezzature sono specifiche, non sono attrezzature normali poi adattate agli animali ma attrezzature studiate, costruite apposta per gli animali quindi per i cavalli piuttosto che per gli asini.

Acquistare delle attrezzature per fare magari dei piccoli orti e piccoli frutteti a volte è troppo oneroso per l’azienda agricola appena insediata e quindi avere un animale può essere molto versatile e dare anche un altro tipo di senso all’azienda.

Poi c’è anche il posto:  noi siamo in una zona alto collinare, terrazzata, impervia e avere comunque delle attrezzature meccaniche è sempre molto pericoloso, quindi avere invece un animale che comunque ha una cognizione sua per cui ha un senso del pericolo e quindi non è soltanto una macchina che guiderebbe anche in fondo a un canyon, ma è una bestia che sa che quando c’è la fine della terrazza bisogna fermarsi, perché lei stessa vede la fine della terrazza, allora ti dà la possibilità di lavorare più in sicurezza.
Questo è un dato sia economico e poi c’è anche rispetto della terra nel senso che comunque l’impatto che ha un animale, il calpestio che ha sul terreno eccetera è molto meno impattante che un trattore, un cingolato, un gommato che schiacciano molto il terreno, lo rendono asfittico e quindi poi bisogna fare lavorazioni più profonde per avere il terreno idoneo alle colture.

Noi in questi anni abbiamo incontrato tantissimi agricoltori, sono soprattutto i giovani che si mettono a fare davvero questo mestiere che hanno più sensibilità come succede per tante altre “novità”, un po’ perché sono meno condizionati da stereotipi legati agli animali come un retaggio del passato, cioè una volta si usavano gli animali perché non c’erano trattori non perché si volessero usare gli animali, invece chi lo fa oggi lo fa perché ci crede quindi è un altro tipo di approccio.

Poi ci sono molti che sono molto legati al discorso della salute ambientale, della sicurezza e quindi si rendono conto che lavorare con un animale in certe condizioni è sicuramente più sano che lavorare con un trattore.
Certo che noi abbiamo un trattore, lo usiamo per pulire la stalla, non è che non usiamo le macchine, però ci sono dei lavori che abbiamo visto proprio con i nostri occhi tipo l’esbosco che con i boschi che abbiamo noi, che praticamente non ci riesci neanche a stare in piedi, vorrebbe dire dover aprire delle strade, fare delle cose che non possiamo fare quindi avere un animale invece che ti tira su un tronco, delle fascine anche in condizioni limite di viabilità e lascia comunque il bosco intatto, perché tu non devi fare alcun tipo di lavoro, apertura strade eccetera, perché lui si aggiusta a camminare dove c’è convenienza camminare, è molto interessante.

Poi quando arrivi su una strada carichi sul trattore e porti via, quello è normale.

Però portare proprio fuori dal bosco con l’animale in certe condizioni è sicuramente più facile, meno rischioso e meno impattante che con un’attrezzatura meccanica.

Noi abbiamo iniziato da zero e quindi i tempi per poter rendere economicamente  completamente sostenibile un’azienda come la nostra sono abbastanza lunghi, noi adesso è 15 anni che ci lavoriamo e cominciamo adesso a vedere il lavoro. Mio papà era della Langa Astigiana, proprio di Roccaverano. Scappò da qui negli anni ’50 perché c’era la miseria nera e come tanti andò a fare altri lavori. Io sono tornato da vent’anni. Noi siamo 1 coppia e  altri 2 soci. Io mi sono laureato in scienze forestali nel 2000, nel 2001 ho subito iniziato a fare questa attività

Sicuramente dal punto di vista di un giovane agricoltore o allevatore che vuole iniziare da zero le politiche potrebbero essere molto più di aiuto, molto più utili a partire, perché non possiamo chiedere a tutti i giovani agricoltori soprattutto se partono da zero di non avere uno stipendio per 15 anni, i bimbi sulle spalle, dei genitori, delle compagne, dei compagni e quindi quello può essere sicuramente un dato.

Noi lo sapevamo già per cui siamo partiti con una certa consapevolezza, sapevamo quello che ci aspettava, diciamo che siamo riusciti a pagare i nostri debiti, abbiamo fatto degli investimenti, siamo riusciti sempre a ripagarli quindi dal punto di vista verso l’esterno siamo sempre stati molto corretti, ed è quello che volevamo fare.

Verso l’interno naturalmente abbiamo investito tantissimo come fa qualsiasi azienda: diciamo che dal punto di vista dello stipendio personale si potrebbe essere molto più contenti.

Detto questo chiaramente le politiche, oggi come oggi, sono indirizzate alla competizione quindi se tu non sei competitivo devi morire: questo è sbagliato perché non solo come idea mi dà fastidio, ma anche a livello agricolo oggi con le multinazionali che producono qualsiasi cosa che noi produciamo non puoi essere competitivo, cioè tu devi lavorare sulla qualità, sulla sostenibilità del tuo prodotto, sull’attaccamento al territorio, su creare socialità in quel territorio.

Un’azienda agricola piccola, quindi non competitiva, lo può fare, se tutto questo venisse riconosciuto dalle politiche agricole non sarebbe soltanto ottimo per l’azienda stessa, ma sarebbe ottimo per il territorio in cui questa azienda insiste e potrebbero insistere anche altre centomila, un milione di aziende agricole legate al territorio.

Invece di fare politica di concentrazione della produzione in pochi bacini super industrializzati pensando che quel tipo di coltura lì possa sfamare il mondo, e non è vero, possa essere sostenibile ambientalmente, non è possibile, possa creare socialità, non lo sta creando, non lo sta facendo, e possa aiutare a ripopolare il territori marginali, assolutamente no.

Quindi diciamo che il modello che oggi viene proposto dalle politiche agricole a tutti livelli è un modello che va contro la sostenibilità sociale, economica, ambientale dell’agricoltura non soltanto italiana purtroppo, sicuramente europea.

Io credo che bisogna battersi, purtroppo le buone idee non perché sono buone automaticamente vengono ascoltate, bisogna battersi, fare rete, cercare di lottare tutti insieme attraverso le realizzazioni contadine che fanno cose, ce n’è, e a quel punto lì creare una massa critica insieme ai consumatori, co-produttori, chiamiamoli come vogliamo: grazie anche al loro supporto potere essere più ascoltati.

Però pensare che con il giro di soldi che gira in agricoltura, soprattutto quella industriale oggi si possa essere in qualche modo ascoltati solo perché si porta avanti un’agricoltura sostenibile, è una pia illusione. Non dobbiamo fare pie illusioni, ma essere sul pezzo e combattere tutti giorni”.

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