Ci vuole un seme

Nonostante l’Italia sia uno dei paesi leader nella moltiplicazione delle sementi ortive e aromatiche la moltiplicazione delle sementi secondo il metodo biologico coinvolge una piccolissima fetta dell’intera superficie sementiera italiana (circa il 4%). Ed ovviamente vi è una relazione diretta tra l’impiego di sementi biologiche e l’evoluzione di questo settore produttivo. La superficie coltivata con il metodo biologico, infatti, è aumentata del 14% nel 2017, ma l’uso delle sementi biologiche resta indebolito dalla possibilità di deroga prevista dal regolamento europeo (nr. 889/2008) che consente l’uso di semi convenzionali anche in agricoltura biologica, purché rispondenti a determinati requisiti stabiliti dalla norma stessa.” (Crea, Annuario dell’agricoltura italiana). La facilità nel reperire sementi convenzionali rispetto a quelle biologiche, oltre al minor costo delle prime rispetto alle seconde condiziona il ricorso all’uso di semi biologici e, di conseguenza, rallenta lo sviluppo del settore biologico.

Salvatore Ceccarelli a proposito delle sementi ci spiega che “Esistono però delle varietà che comunemente chiamiamo “autoctone” o “locali” che sono il risultato di processi di selezione da parte dell’ambiente e dell’uomo attraverso dei progressivi adattamenti ottenuti con la coltivazione e selezione in campo; queste, essendo differenti l’una dall’altra anche al loro stesso interno, dovrebbero essere chiamate popolazioni: la loro caratteristica è di essersi perfettamente adattate all’ambiente in cui sono state coltivate e selezionate, al clima, al suolo e così via. Ciò significa anche che queste popolazioni sono maggiormente resistenti e che necessitano di un minor uso di trattamenti ed irrigazioni. Al contrario, le varietà definite moderne o commerciali sono stabili e uniformi, danno sempre lo stesso prodotto: sono state adattate all’agricoltura industrializzata ed alla grande distribuzione organizzata. Quando però una semente, selezionata per essere destinata alla coltivazione convenzionale viene utilizzata per essere coltivata con metodo biologico, la resa sarà limitata. Ed è ciò che succede con il sistema delle deroghe. Da anni l’associazione Rete Semi Rurali si impegna affinché gli agricoltori del biologico possano scegliere sementi di varietà locali e aumentare la diversità coltivata, anziché dover acquistare sementi certificate biologiche, ma ibride e standardizzate, pensate e prodotte per l’agricoltura convenzionale. O affinchè, in alternativa, i contadini possano autoprodursele. Una scelta direttamente legata al tempo che i contadini possono investire, poiché per produrre i propri semi serve molto tempo, oltre al fatto che la produzione che si manda a seme viene di fatto persa. La cosa interessantissima è che il nuovo regolamento europeo sul biologico consentirà la commercializzazione, a partire dal 2021, di sementi delle popolazioni definite come “materiale eterogeneo biologico” ovvero popolazioni e miscugli che non rispondono ai requisiti dell’uniformità finora adottato ma che al contrario stanno alla base della definizione di varietà. Si tratta di una novità importante per gli agricoltori, che possono così avere una maggiore diversità coltivata in campo ed uno strumento in più contro le avversità. E tutto ciò non vale solo per le colture cerealicole come finora consentito, ma per tutte le specie coltivate. Questa è una vera e propria rivoluzione!”

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