La vigna non si è accorta che è arrivato il coronavirus

La cosa che dico sempre io – ci spiega Gianfranco, viticultore di Bubbio – la vigna non si è accorta che è arrivato il coronavirus, quindi in realtà è stata una vendemmia, come ormai negli ultimi trent’anni, di quelle molto anticipate, ma questo fa parte ormai di un andamento a cui ci stiamo abituando, cioè il cambiamento climatico ormai anticipa le vendemmie rispetto a 30 anni fa di circa un mese, e questo è un dato oggettivo.

È stata comunque una bella vendemmia, perché abbiamo portato a casa una buona quantità e una qualità, in certe vigne, che arriva anche all’ottimo, quindi siamo contenti come gestione dell’annata dal punto di vista agronomico.

Dal punto di vista del lavoro, c’è stato tutto il periodo del lockdown dove soprattutto i piccoli produttori che si rivolgono molto a un mercato che è quello che in termini tecnici chiamiamo l’Horeca, quindi il ristorante, l’enoteca, gli hotel quindi non la GDO (i supermercati), ecco, i piccoli produttori sono quelli che hanno sofferto di più. C’è infatti un errore in quello che spesso sento dire: “siamo tutti sulla stessa barca”. Questo non è vero, io dico: “siamo tutti nello stesso mare”.

Ci sono cantine di grandissime dimensioni che vendono alla grande distribuzione che, in un momento come questo, in cui le vendite nella grande distribuzione sono aumentate (questi sono i dati ufficiali del periodo del lockdown) del 40%, riuscivano a comprare a prezzi ancora più ribassati, perché c’era una speculazione di mercato.

Ci sono cantine che hanno praticamente fatto affari d’oro, ci sono invece le piccole cantine, quelle che hanno il loro punto di forza proprio sul settore ristorazione, che invece hanno sofferto ovviamente un po’ di più. È stata una sofferenza che è durata circa tre mesi perché poi, a partire dal mese di luglio, pian pianino tutto è ripartito, non in pompa magna, ma in maniera tranquilla un po’ in tutto il mondo. A

desso purtroppo ci stiamo riavvicinando a questo momento. Il nostro problema è che i ristoranti sono chiusi, la gente mangia di più a casa. Per questo noi dobbiamo dare un’alternativa a quella che è andare a fare la spesa nella GDO e dobbiamo raggiungere il più possibile i nostri clienti privati a casa, attraverso iniziative come Agrispesa. Poi per il resto, è ovvio, io credo sempre che ci siano momenti migliori e momenti un po’ più difficili.

Noi, nella nostra cantina, abbiamo messo i remi un po’ più in barca, abbiamo cercato per tutte le partite di vino migliore di fare più stoccaggio, abbiamo comprato più vasche di legno, abbiamo fatto più riserve di vino che speriamo di poter uscire poi nei prossimi anni. Il mondo del vino è così complesso e a volte difficile da far capire.

Noi qui in Piemonte abbiamo delle denominazioni di origine che normalmente variano dagli 80 ai 110 quintali di uva per ettaro, ma dove non si fanno vini DOC quanti quintali di uva per ettaro si può produrre? Questo la gente non lo sa. Molti credono che il famoso tetrapack che trovi al supermercato lo fai con la polverina, non è vero, il vino che copri al supermercato è fatto con dell’uva: ma che uva? Uva che può, per legge, arrivare a una produzione di 500 quintali di uva per ettaro.

In determinate situazioni, quindi, un contributo pubblico di 30 centesimi al litro è interessante: se io produco 500 quintali di uva per ettaro vuol dire fare 350 ettolitri per ettaro di vino e se mi dai un contributo di 30 centesimi sono 10.000 € a ettaro, son soldi! Ma in una realtà come la nostra, dove ne produciamo 80 quintali, e quindi in vino sono sempre meno di 50 ettolitri, se mi dai 1.500 € per ettaro, ma io cosa ne faccio?”

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