E’ da quando ho imparato a camminare che vivo in mezzo agli animali.

Ho 50 anni e si può dire scherzando – ci racconta Silvano – che sono allevatore almeno da 48. I  miei genitori avevano un allevamento di bovine da latte con qualche vitello da carne e , almeno inizialmente,  qualche maiale per i salumi. E’ da quando ho imparato a camminare che vivo in mezzo agli animali e che “lavoro” con loro aiutando i miei genitori ad accudirli fin da piccolissimo. Sono nato in questo mondo e l’ho sempre vissuto con grande passione. Durante gli studi ho continuato a lavorare nell’azienda di famiglia e, quando mi sono iscritto all’università di Agraria, per me era chiaro che il mio lavoro sarebbe stato fare l’allevatore. Nella mia azienda allevo soprattutto ovini, attualmente tra le mie pecore e quelle degli altri membri della cooperativa contiamo circa 500 capi, inoltre collaboro anche nell’allevamento delle carpe. Come cooperativa alleviamo, oltre alle pecore, anche 60 mucche da latte, 200 capre, un numero difficilmente calcolabile di pesci negli 8 ettari di stagni e svariati tipi di anatre di cui raccogliamo anche le uova, più per hobby che per lavoro.Se poi devo spiegare di cosa mi occupo, entriamo in quelli che sono gli aspetti meno piacevoli del lavoro. Io seguo soprattutto gli adempimenti burocratici che, per una cooperativa come la nostra, sono tantissimi e occupano buona parte del mio tempo. Per il resto seguo le pecore al pascolo,  curo gli stagni delle carpe e aiuto nella logistica. Anche se può sembrare insolito la cosa che mi dà maggiore soddisfazione e mi fa sentire in pace con me stesso è guardare i miei animali che pascolano tranquilli. E’ da sempre così e forse è il motivo per cui ho scelto questa vita. Al contrario dover passare giornate a leggere incartamenti e ad adempiere richieste burocratiche è una delle cose che da giovane non immaginavo minimamente e che mi piace meno del lavoro. Altro aspetto poco soddisfacente è il doversi occupare della commercializzazione dei prodotti e dover fare sempre attenzione al ritorno economico. Sicuramente il mio lavoro non è quello che uno deve fare se vuole una vita agiata. Anni fa ho cominciato a collaborare con alcuni docenti universitari che seguono dei progetti di supporto alla pastorizia in Africa. Lo scorso anno sono andato per otto giorni in Burkina Faso per dare una mano. In Burkina Faso, ex colonia francese nota un tempo come Alto Volta, l’allevamento e l’agricoltura impiegano più del 90% della popolazione attiva e nonostante questo non sono in grado di sfamare il Paese e addirittura la metà delle famiglie contadine non riesce a soddisfare il proprio bisogno di cereali. In Burkina Faso l’allevamento di bovini,  piccoli ruminanti e pollame è molto redditizio infatti la domanda di proteine animali è enormemente superiore all’offerta; basti pensare che il latte per i bambini è un lusso poiché l’unico latte acquistabile è quello in polvere importato dai Paesi occidentali.  La produttività degli allevamenti è purtroppo molto bassa. Gli animali sono allevati su risorse naturali inadatte a supportare il continuo incremento demografico. Manca completamente l’idea di coltivare piante foraggere e così si assiste alla progressiva desertificazione delle aree selvagge destinate al pascolo e alla riduzione dei terreni coltivabili. La vita dell’allevatore in Italia non è facile e può essere intrapresa solo se accompagnata da un grande passione: se questa manca la fatica di ogni giorno e le difficoltà sono ostacoli difficilmente superabili.”

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