I pan perdü

“I pan perdü – ci spiega Marta – sono quei pezzi di terra così lontani del paese che vengono chiamati così, pan perdü. Ce ne sono diversi a Sambuco. Era talmente tanta la fatica andare in quei posti che praticamente era “pane perso”. Questo è il significato. Quando abbiamo dato i nomi ai formaggi erano tutti nomi di posti dove noi andavamo al pascolo. E le nostre zone di pascolo sono quasi tutte marginali. I terreni non sono di proprietà, tranne pochissimi, quando abbiamo iniziato erano proprio zero. Il più è in affitto dal comune, ci sono dei terreni privati che affittiamo e qualcosa è della mia famiglia. Poi ci sono tanti tipi di pascolo, tipo c’è il pascolo transumante, senza stalle in inverno che pascola magari nei fiumi, in questa stagione che non ci sono colture, non c’è fieno da fare, però in pianura c’è un ricaccio d’erba: pascolano in quelle terre lì senza avere contratti di affitto, insomma chiedendo ai proprietari dei terreni se possono pascolare nelle loro terre, questa è la transumanza delle pecore, così da secoli. Mentre in estate, ad esempio dove vanno le greggi, le mandrie, sono in genere alpeggi del comune, rari i casi privati, che vengono presi in affitto per la durata dell’alpeggio. Noi che siamo stanziali abbiamo i terreni più alti che sono presi in affitto dal comune poi quelli intorno al paese che sono tutti piccoli appezzamenti di terra perché il frazionamento, soprattutto in montagna, è una cosa molto sentita e quindi affitti, vai a cercare di chi sono i vari pezzi e affitti dai privati. Sono tutti contratti registrati, firmati. Quando inizi l’alpeggio nelle zone che hai dichiarato devi presentare dei fogli al comune e all’ente che segue la tua anagrafe. Noi poi abbiamo meno fogli rispetto agli altri, perché non usciamo dal comune. Noi la sera scendiamo sempre vicino a casa perché dobbiamo mungere. Negli alpeggi che ha mio papà, invece, sono presenti delle baite.  La tuma del Pan Perdu è fatta col latte delle mie capre e col latte delle mucche di mio papà, che sono anche un po’ mie. In teoria avrei 5 mucche, però le cura mio papà. Adesso ho 160 capre e 15 pecore. Le pecore non le mungo, sono pecore da carne. Tenerle per la lana è un mio sogno nel cassetto per produrre un po’ meno formaggi ed essere un po’ alleggeriti nel lavoro, meno investimenti, potremmo andare un po’ più in alto in montagna senza aver il vincolo di dover trasformare il latte, refrigerarlo. Una volta nessuno aveva gli animali che abbiamo noi perché con 1/5 degli animali che abbiamo adesso campavi, adesso sì, hai tanti animali e fai forse molta più fatica a campare rispetto a 60 anni fa che ne avevano 20 capi. Io da bambina non ricordo nessuno che aveva 150 capre.
“Diffida dai marchi” è il mio motto. Nei mercati si trova sempre un po’ di tutto. Noi non abbiamo mai aderito ad iniziative sotto un marchio unico che raggruppano dei produttori perchè da tutte le parti può esserci di tutto. Non credo che un bollino con su scritto bio voglia dire veramente bio, non credo che vendere sotto il marchio di questa o quell’associazione voglia dire che sia veramente un produttore. Ho visto gente che ha il banco al mercato che, bio o non bio, quando ha finito la roba la va a prendere dal vicino. Io ho sempre detto ai miei clienti che qualsiasi giorno che passano da Sambuco possono vedere che noi siamo al pascolo, che le capre sono lì che lo facciamo veramente sto lavoro. Questo è il motivo per cui d’inverno non produciamo, le capre non hanno il latte, non è che vado a comprare il latte da un altro, ma smetto, accollandomi anche il rischio di perdere dei clienti però per me essere produttore vuol dire che trasformo il latte dei miei animali. Per farle produrre dovrei avere altri tipi di capre, un altro allevamento, probabilmente dovrei intervenire sui calori anche solo cambiando l’alimentazione, ma noi non facciamo neanche quello. Questo non vuol dire che un formaggio è più buono o meno buono, etico o meno etico, questa è solo la nostra idea di allevamento, cioè vogliamo essere coerenti con questa idea anche se ha sicuramente i suoi contro. Da adesso per i prossimi 4 mesi non produci, quindi non entra niente in cassa però non mi sentirei bene con me stessa se facessi diversamente. Non voglio dare il latte in polvere ai miei capretti per iniziare a fare i formaggi già a febbraio, anche se economicamente sarebbe una scelta più saggia”
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