“Il covid-19, l’emergenza sanitaria, la quarantena ci hanno “costretto” a cercare soluzioni alternative per mantenere alcune abitudini. Ne sono originate esperienze a cui magari saremmo arrivati anche in assenza della pandemia, che erano lì pronte, mancava solo la molla della necessità. Tante di queste esperienze le stiamo raccogliendo sotto forma di “inversioni da coronavirus”, proprio perché rappresentano spesso un’inversione di mentalità. Queste esperienze, nate dal un senso di solidarietà sociale, sembra stiano facendo rinascere il senso di comunità. La maggior parte di queste iniziative sono nate grazie all’iniziativa del singolo. Spesso si sente che anche in questa emergenza “c’è troppa burocrazia”. Eppure ci sono iniziative a livello locale che ci fanno pensare che le soluzioni per rendere la vita più facile si possono trovare. Tra queste, il Comune di Sarezzo (Bs) ha attivato, in collaborazione con la Protezione Civile, un numero verde comunale a cui le persone ultra sessantenni o comunque fragili si possono rivolgere per chiedere la consegna a casa di spesa, medicinali, generi di prima necessità.
Le consegne per le persone fragili sono state attivate in molti territori comunali italiani ma nella maggior parte dei casi sono state iniziative di una associazione o di un gruppo di cittadini. Nel caso di Sarezzo (e comunque di altri comuni) invece, è stata iniziativa del Comune, che ha interpretato le esigenze della propria comunità ed ha evidentemente trovato delle soluzioni “oltre la burocrazia”. A livello comunale è più facile che gli amministratori conoscano meglio il territorio e le necessità degli abitanti.
Questo mi porta a riflettere quindi sulle necessità del territorio: tanto si sta dicendo in questo periodo di quanto la pandemia abbia anche aggravato i problemi legati all’agricoltura; il lockdown poi ha esacerbato le problematiche legate alla distribuzione dei prodotti almeno inizialmente. Però con le chiusure dei mercati a causa del Covid tanti distributori ma anche produttori, nel caso dei prodotti alimentari, si sono organizzati con le consegne a domicilio (con 4/10 italiani che si sono affidati ai negozi al dettaglio) mettendo a buon uso le interazioni interpersonali con i propri clienti.
La capacità di alcuni Comuni di far fronte all’emergenza e organizzare consegne a domicilio per le persone fragili, mi fa quindi pensare che gli amministratori possono conoscere le necessità e le potenzialità del proprio territorio; se riescono a vedere il proprio territorio come un foodshed, un bacino del cibo, potrebbero aumentarne la resilienza, accorciare la filiera e favorire l’economia locale. Il modello “foodshed” permette comprendere i flussi alimentari e di immaginare sistemi alimentari alternativi; può contribuire all’autosufficienza alimentare di un territorio.
La produzione del cibo include tutto un sistema, dai terreni agricoli e allevamenti agli impianti di trasformazione e di stoccaggio, i distributori all’ingrosso e al dettaglio. Le analisi di foodshed si prestano anche a verificare l’impronta ecologica degli alimenti. Impostare un foodshed nel proprio territorio può anche significare prendere in considerazione le preferenze alimentari dei propri concittadini, utilizzando dei modelli come per esempio quello utilizzato da Giordano Stella. Stella ha quantificato il terreno necessario per l’autosufficienza alimentare annuale di una qualsiasi popolazione, a partire da una dieta media, equilibrata e dai fabbisogni energetici per adulti e bambini. Il modello prende in considerazione 4 tipologie di dieta (onnivora, onnivora senza pesce, vegetariana e vegana), i fabbisogni energetici per fasce di sesso-età-livello di attività fisica e le principali produzioni zootecniche, restituendo il fabbisogno necessario per ogni coltura. Il modello messo a punto da Giordano Stella può essere applicato a qualsiasi territorio, e permetterebbe di elaborare una strategia di gestione dello sviluppo.
Ovviamente perché un simile lavoro non sia un mero esercizio teorico, è necessario che gli amministratori del territorio siano partecipi e interessati a immaginare nuovi sistemi alimentari.”